È un’impresa ardua rintracciare i fili che compongono la fitta trama de Le ossa di san Lorenzo, un seducente rebus che induce a una lettura ossessionante, vorace. E quando si è certi di aver trovato il filato maestro si scoprono altri orditi, e quindi si torna indietro seguendo nuovi tracciati.
Alberto Albores, psicologo e voce narrante quasi dell’intera opera, ricerca l’univoca verità sulla storia dei due gemelli Remo e Rómulo Ayala; emergono invece, innumerevoli verità, ognuna con una logica.
“La realtà è una; le sue letture, infinite. Ricreare la realtà è impossibile i fatti accadono e passano. Quella che viene dopo è una ricostruzione imperfetta, una copia fatta di parole”.
L’autore messicano, Vicente Alfonso, con questo noir pubblicato da NN editore e tradotto da Fabio Cremonesi, dimostra di possedere un talento da regista che ricorda la genialità di Christopher Nolan, infatti incastra con maestria presente e passato, le vite di singolari personaggi e le loro versioni della realtà.
Alfonso, dando fiducia al lettore, propone nelle duecentosedici pagine un complicato gioco enigmistico la cui soluzione non è univoca, ma cambia a seconda della prospettiva da cui si guarda la vicenda.
Una struttura narrativa per nulla lineare e uno stile asciutto e spesso simbolico caratterizzano il noir in cui si respira il realismo magico ricorrente nella letteratura latinoamericana.
Lo psicologo che ha in cura Remo, l’ultimo paziente prima di abbandonare la professione, indaga su due delitti in cui i gemelli sembrano essere coinvolti. Le prove si mischiano e le versioni si moltiplicano.
Personaggi entrano ed escono dalla scena, come Magda la donna amata dai due fratelli, il padre Bernardo e poi il fantasma della madre Rosario.
Agli occhi di Albores, che confronta i racconti dei testimoni e le lettere che si scambiano Remo e Rómulo, tutto pare mutevole come un prisma.
Il tema dominante è il rapporto morboso tra i due gemelli e “la lotta di ciascuno per affermare la propria identità”, due personalità diverse legate da un vincolo inossidabile che sfocia in tragedia all’ombra di quel fico dove giocavano da bambini.
“Il conflitto con il fratello era un buco nero, un asse torbido intorno al quale gravitavano quasi tutte le sue azioni”.