“Siamo il risultato di movimenti lenti che si producono gradualmente nel tempo… niente della nostra storia è dominato da eventi catastrofici”.
Michele è un professore universitario di statistica, Mirko un geologo. Padre e figlio lontani, nelle scelte di vita, geograficamente e poi definitivamente, per comunicare usano le nozioni acquisite nel loro lavoro, la loro passione.
Le notti blu è la loro storia. Le notti blu sono il ricordo e il ponte che lega ancora un padre a un figlio che non c’è più. Notti blu, dense di pensieri, di amore e dolore, sono anche quelle in cui il lettore è trascinato da questo delicato e sofferto romanzo di Chiara Marchelli, pubblicato da Giulio Perrone editore e meritatamente inserito nella rosa dei 12 libri candidati al Premio Strega 2017 e finalista al Premio Strega Giovani.
Michele, proprio come Chiara Marchelli, vive a New York da tanto tempo. È sposato con Larissa, che lo ha seguito giovanissima e incinta dall’Italia e non ha mai smesso di sostenerlo, nemmeno nelle ore più buie. Il loro unico figlio, Mirko, tornato in Italia per amore rinunciando a una brillante carriera universitaria, è morto, si è suicidato, ma, dopo anni di dolore ed equilibrio precario, giunge una rivelazione inaspettata che rimette in discussione ogni cosa, anche il legame, i legami con Mirko.
Ogni passaggio, fino alla rottura definitiva degli equilibri, viene intervallato da stralci di lezioni sulla teoria dei giochi che, come gli stasimi del coro nel teatro antico, sospendono e chiariscono il senso generale dell’azione e della vita che, “si sa, è un gioco non cooperativo”. Proprio come in un dramma il discorso diretto è fondamentale, soprattutto nel cuore dell’intreccio, ma mai invasivo. Lo stile è paratattico e chiaro, avvolgente, tuttavia abbondano le frasi ellittiche, quasi sospese, in una resa perfetta della sospensione in cui vivono i superstiti di Mirko.
Pian piano ci rendiamo conto che il destino di Mirko è stato tutt’altro che sorprendente, perché c’erano “le notti blu, gli isolamenti, i giorni da solo dentro le bufere, nascosto da quelle montagne che parevano inghiottirlo”.
Le donne della sua vita, tre, sono state il vero motore delle sue azioni e delle sue scelte, eppure non hanno capito davvero Mirko, non lo hanno salvato e non hanno accettato la sua morte: “Caterina e il silenzio, la resistenza diventata di cemento”, Federica che gli aveva voltato le spalle, e Larissa.
Larissa “che materna non è mai stata, con la focaccia aveva trovato un codice”, Larissa che confonde i ricordi di Mirko adulto e bambino, Larissa che è rimasta in vita per la ferocia derivata dal fallimento, capace di attutire persino il dolore, Larissa, che sembra un personaggio aspro e dolente, ma voleva solo “sentirsi libera di essere miserabile come e quanto le pareva”.
“Mirko da piccolo calcava sul foglio fino a bucarlo perché aveva paura non si vedesse quello che scriveva… C’è chi pensa di avere i mostri sotto al letto, chi l’angelo custode nell’astuccio. Mirko aveva paura di non essere visto”
La focalizzazione della storia è tutta su Michele, lui si muove, avanza, reagisce e, benché tardi, sceglie di vedere Mirko senza maschera. Attraverso lo sguardo umanissimo di Michele percepiamo l’amore per e di Larissa, l’altro filo dell’intreccio, l’altro amore da salvare.
Le notti blu è infatti una storia di bivi, in cui ogni possibilità esclude l’altra, a partire dagli scenari: l’America della sicurezza e dell’equilibrio si contrappone all’Italia, luogo della verità e del dolore. Gli stessi rapporti si contrappongono e si escludono: Mirko e Caterina o Mirko e Federica, Michele e Mirko, o meglio il suo ricordo, nella sua eredità, o Michele e Larissa.
“Quando Mirko è morto… erano andati nella stessa direzione… Quella situazione non gli aveva permesso di scegliere. Questa, invece, sì”.
Con Le notti blu Chiara Marchelli esplora l’amore, le sue forme e la sua assenza. Ha scritto un romanzo di rivelazioni e scoperte, una vicenda intricata che si snoda nello spazio e nel tempo, ma lo ha fatto in punta di penna, lasciando che a fluire fossero i sentimenti. Non ci sono risposte perché non sono necessarie, alla fine basta la fiducia, una fiducia rassegnata e rassicurante, in quello che sarà e in quello che c’era, ma era ignorato.
“Se c’è una regola nell’amore, vorrebbe dirle, è questa: soccorrersi senza bisogno di chiamarsi”.